Nell’attuale complesso contesto economico e sociale, le pensioni rimangono uno dei temi prioritari da affrontare per rispondere ai bisogni dei lavoratori e dei pensionati. Dopo i primi positivi interventi di modifica alla legge Monti-Fornero introdotti negli ultimi anni grazie all’iniziativa sindacale, occorre continuare a cambiare il sistema previdenziale, fra i più restrittivi d’Europa, al fine di eliminarne gli aspetti più iniqui e raggiungere risultati concreti in linea con le richieste indicate da tempo nella piattaforma unitaria di CGIL, CISL e UIL che rimane il punto di riferimento per una riforma organica del sistema previdenziale del nostro Paese. Non condividiamo che le pensioni continuino ad essere considerate solo come un fattore di spesa, senza tenere conto della necessità, non più procrastinabile, di recuperare la sostenibilità sociale dell’attuale modello.
La legge di bilancio 2023 è intervenuta sul tema con misure che non rappresentano una risposta alle necessità di milioni di lavoratrici e lavoratori. Per questo, CGIL CISL e UIL ritengono necessario riavviare al più presto un tavolo di confronto con il Governo per affrontare i diversi punti contenuti nella Piattaforma sindacale considerato che le misure intervenute negli ultimi anni hanno determinato risparmi rilevanti per effetto del minor numero di prestazioni liquidate rispetto a quanto previsto. Il confronto dovrà essere anche l’occasione per valutare il perdurare delle ricadute economiche e sociali della crisi pandemica a cui nell’ultimo anno si sono aggiunte le conseguenze della guerra in corso, con l’innalzamento straordinario dei costi dell’energia, dell’inflazione e dei prezzi dei beni di consumo che hanno impattato sull’occupazione e sul versante previdenziale. Ricadute economiche che producono effetti negativi anche sulle pensionate e i pensionati il cui potere d’acquisto, già indebolito da un decennio di interventi sulla perequazione, è stato fortemente depotenziato dai rincari dei costi. Il recente intervento sull’indicizzazione per le pensioni oltre 4 volte il minimo, seppur migliorato per gli assegni pensionistici entro 5 volte il trattamento minimo, penalizza un numero importate di pensionati e pensionate e la misura straordinaria sulle pensioni minime ha una durata solo annuale. Queste ragioni rendono ancora più urgente il confronto e l’assunzione di provvedimenti conseguenti.
Flessibilità in uscita
Quota 103 è una misura parziale e da sola non sufficiente a riportare flessibilità nel sistema: produrrà effetti per una platea ristretta, principalmente composta da uomini e con carriere lavorative stabili. È necessario estendere la flessibilità nell’accesso alla pensione, permettendo alle lavoratrici e ai lavoratori di poter scegliere quando andare in pensione, senza penalizzazioni per chi ha contributi prima del 1996, a partire dai 62 anni di età e anche consentendo il pensionamento con 41 anni di contributi a prescindere dall’età. Queste proposte sono ancora più sostenibili considerando che siamo ad un passaggio di fase decisivo per il sistema previdenziale in quanto le future pensioni saranno liquidate prevalentemente o esclusivamente con il calcolo contributivo che contiene di per sé fattori di stabilizzazione della spesa. Contestualmente, vanno sensibilmente ridotti i vincoli che nel sistema contributivo condizionano il diritto alla pensione al raggiungimento di determinati importi minimi del trattamento (1,5 e 2,8 volte l’assegno sociale), penalizzando in questo modo i redditi più bassi. Occorre, inoltre, modificare l’attuale meccanismo automatico di adeguamento delle condizioni pensionistiche alla speranza di vita, doppiamente penalizzante perché agisce sia sui requisiti anagrafici e contributivi di accesso alla pensione, sia sul calcolo dei coefficienti di trasformazione. Bisogna anche scongiurare il rischio che lunghi periodi di congiuntura economica negativa, come sta accadendo negli ultimi anni, determinino effetti sfavorevoli sulle prestazioni pensionistiche.
Contratti espansione e isopensione
E’ necessario prorogare e rafforzare per il futuro gli strumenti in grado di accompagnare il passaggio dal lavoro alla pensione con particolare riguardo alle situazioni di crisi di impresa e alle esigenze di riorganizzazione aziendale, come il contratto di espansione e l’isopensione per il periodo di 7 anni che scadranno a dicembre 2023, rendendoli più accessibili ed efficaci. Strumenti che dovranno essere coordinati con misure che incentivino e favoriscano il ricambio generazionale.
Sostegno alle categorie più deboli (disoccupati, invalidi, caregiver, lavori gravosi e usuranti)
Vanno garantite strutturalmente condizioni più favorevoli per l’accesso alla pensione delle categorie più deboli, ad iniziare da quelle che rientrano nell’Ape sociale e nella pensione precoci (disoccupati, invalidi, coloro che assistono un familiare con disabilità e chi ha svolto lavori gravosi o usuranti). È necessario rafforzare la tutela previdenziale dei “lavoratori fragili” e occorre ampliare la categoria dei disoccupati, a iniziare da quelli di lunga durata fra cui gli esodati. L’ampliamento della platea dei lavori gravosi già previsto per l’accesso all’Ape sociale deve essere esteso alla pensione precoci e devono essere acquisite le ulteriori riflessioni assunte dal documento finale della Commissione di studio specifica, che a nostro avviso dovrà proseguire il lavoro, per approfondire ulteriormente la relazione tra attività lavorativa svolta e speranza di vita. L’abbassamento del requisito contributivo previsto per alcune categorie nella Legge di Bilancio 2022 va rafforzato e portato avanti anche in altri settori. Per quanto concerne il lavoro usurante è necessario un allargamento delle categorie attualmente previste e una revisione delle procedure con la quale è possibile accedere a tale prestazione. È necessario, inoltre, tener conto anche di coloro che svolgono attività lavorative con esposizione a materiale nocivo e a coloro che hanno ottenuto il riconoscimento di una malattia professionale Inail e più in generale di coloro che sono affetti da malattie che determinano un’attesa di vita più bassa. Infine, le pensioni di inabilità con quote nel sistema contributivo vanno valorizzate attraverso un coefficiente di trasformazione che tenga conto dell’impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa e un’attesa di vita sicuramente più bassa rispetto alla media affinché, nei fatti, non producano penalizzazioni per effetto del pensionamento anticipato.
Il lavoro di cura e delle donne
Gli interventi normativi di questi ultimi anni hanno equiparato i requisiti per la pensione di vecchiaia fra uomini e donne, quando, invece, rimangono ancora profonde differenze fra i due generi nel mercato del lavoro, nei percorsi professionali e nella distribuzione del lavoro di cura in ambito familiare con conseguente impatto negativo sul versante previdenziale. Le stesse misure adottate per rendere più flessibile l’accesso alla pensione, come l’Ape sociale e Quota 100, 102 e la recente 103, hanno visto e vedranno poche donne beneficiarne, a causa dell’elevato requisito contributivo richiesto. È quindi necessario prevedere soglie contributive d’accesso alla pensione compatibili con le condizioni delle donne. La proroga subordinata a un inasprimento dei requisiti di “Opzione donna” non è condivisibile dal momento che questa misura è già fortemente penalizzante per effetto del ricalcolo contributivo e quindi, prevedere ulteriori condizionamenti è sbagliato. Anche per tale ragione è necessario un provvedimento che ripristini i requisiti preesistenti. Il lavoro di cura non retribuito, svolto in prevalenza dalle donne, è un fattore fondamentale del welfare del nostro Paese ed è necessario tenerne conto a livello previdenziale con misure adeguate, come il riconoscimento di dodici mesi di anticipo per ogni figlio (o a scelta della lavoratrice una maggiorazione del coefficiente di trasformazione) per tutte le prestazioni pensionistiche e la valorizzazione ai fini pensionistici del lavoro di cura, sia per le donne che per gli uomini, di persone disabili o non-autosufficienti in ambito familiare.
La tutela dei giovani, del lavoro povero e del lavoro discontinuo: la pensione contributiva di garanzia
Senza lavoro dignitoso non c’è pensione dignitosa e la priorità deve essere un lavoro stabile e di qualità. Tuttavia, visto il diffondersi dei lavori discontinui, del part-time involontario e in genere dei lavori poveri, fenomeni che coinvolgono in particolare i più giovani e le donne, è necessario intervenire anche sul fronte previdenziale, per evitare nel futuro un’emergenza sociale devastante, considerando anche che chi rientra nel sistema contributivo non può contare neanche sull’integrazione al minimo della pensione. CGIL CISL UIL chiedono, pertanto, la creazione di una pensione contributiva di garanzia, collegata ed eventualmente graduata rispetto al numero di anni di lavoro e di contributi versati, che consideri e valorizzi previdenzialmente anche i periodi di disoccupazione, di formazione e di basse retribuzioni, per assicurare a tutti un assegno pensionistico dignitoso, anche attraverso il ricorso alla fiscalità generale.
La previdenza complementare
Bisogna rilanciare le adesioni alla previdenza complementare negoziale, da anni sostanzialmente stagnanti, rendendola effettivamente accessibile anche a chi lavora nelle piccole imprese e ai giovani. In questa direzione proponiamo, in particolare, un nuovo periodo di silenzio-assenso e una adeguata campagna informativa e istituzionale, così come meccanismi che consentano alla persona di poter esercitare liberamente la scelta di adesione. Inoltre, è necessario promuovere i fondi pensione negoziali anche nei settori ancora esclusi, come il comparto sicurezza. CGIL CISL UIL chiedono di riportare la tassazione degli investimenti dei fondi pensione alle precedenti aliquote più favorevoli e di promuovere le condizioni perché i fondi investano maggiormente nell’economia reale del Paese, prediligendo il sostegno alle infrastrutture, anche sociali.
La tutela dei redditi da pensione
Occorre realizzare la piena indicizzazione di tutte le pensioni per non penalizzare i cittadini che hanno sempre rispettato le regole, versato i contributi e significativamente contribuito con le proprie imposte all'erario dello Stato. I continui interventi volti a comprimere l’indicizzazione degli assegni che sono stati reteirati dal 2011 ad oggi, costituiscono una violazione del patto che c’è tra cittadini pensionati e le istituzioni, con danni sul reddito per milioni di famiglie. Per questo chiediamo, quindi, che venga maggiormente garantita la tutela del potere di acquisto dei redditi da pensione. L’attuale situazione economica impone interventi che sappiano dare risposte concrete alle pensionate e ai pensionati. Va, inoltre rafforzata e ampliata la “quattordicesima”, ed è necessario operare una riduzione significativa della pressione fiscale, che sui pensionati italiani pesa il doppio rispetto alla media europea. Tfr, Tfs e prescrizione delle contribuzioni per i pubblici dipendenti
Vanno parificate le condizioni di accesso al Tfr e Tfs tra settore pubblico e settore privato superando le norme che ne posticipano di molti anni il pagamento per i dipendenti pubblici. Inoltre, è necessario intervenire sulla prescrizione contributiva dei lavoratori della pubblica amministrazione che devono essere messi in condizione di verificare la propria situazione previdenziale, ancora oggi, nonostante varie proroghe concesse alla PA, incompleta e non corrispondente alla effettiva carriera lavorativa. Solo così si possono tutelare i lavoratori dal rischio di perdere periodi di contribuzione con gravi danni sulla futura pensione.
Separazione spesa previdenziale/spesa assistenziale
Nella determinazione della spesa pensionistica, così come oggi viene statisticata dall’Europa, incidono molte voci che non hanno natura previdenziale e non hanno corrispondenza nelle rilevazioni degli altri Paesi europei. Infatti, è necessario intervenire nella rilevazione europea, evidenziando alcune specificità del nostro sistema, come il peso della fiscalità sulle prestazioni pensionistiche in Italia rispetto a quella negli altri Paesi UE, condizione come altre, che finisce per determinare una rappresentazione fuorviante della spesa pensionistica del nostro Paese nella comparazione internazionale.
Interventi nel sistema contributivo
È necessario sistematizzare l’applicazione delle norme di alcuni istituti previdenziali adeguandole alle caratteristiche del sistema contributivo come, ad esempio, prevedere un’incidenza effettiva delle maggiorazioni anche nella misura delle prestazioni pensionistiche calcolate con il sistema contributivo che oggi non sono considerate, attraverso una valorizzazione del montante contributivo o del coefficiente di trasformazione. Inoltre, sarebbe importante ponderare la specificità del lavoro part-time, attraverso la corretta imputazione della retribuzione da assumere nel calcolo di alcuni istituti, come il riscatto e i versamenti volontari.
19 gennaio 2023